Come in tutta l’area del Roero a levante della “fascia delle rocche”, gli strati superiori del suolo si compongono di sabbie denominate ‘astiane’, depositatesi nel periodo meno antico (nel Pliocene, ultima fase dell’Era Terziaria) del “mare Padano”. Gli strati sottostanti sono costituiti da argille compatte, impermeabili, denominate ‘piacenzane’ o “di Lugagnano”, con intercalazioni sabbiose nel passaggio dalle sabbie alle argille.
Come accennato, le argille formano un deposito impermeabile, onde le acque piovane, filtrando attraverso le sabbie astiane, scorrono sulle argille fino a trovare una via d’uscita mediante sorgenti sui fianchi delle colline o nei fondivalle. Alcune, attraversando strati profondi ferrosi o gessosi, portano alla superficie acque ferruginose o solforose, come sono a Vezza quella di Borgonuovo e quella di Vatès.
La Baritela (o Baritella) è una delle poche sorgenti vezzesi di acqua dolce, ubicata nel primo pendio della Valle Varamone o Valamone, a una quota di circa 250 metri, mentre la più nota Fontana (che utilizza per antonomasia il nome comune) sgorga dalle falde di nord-est del bric San Martino.
La fontana della Baritella, pur di portata più limitata della precedente, rivestiva in passato notevola importanza perché rappresentava l’unica presenza di acqua sorgiva per un vasto tratto della Valle Aiello (o di Rubiagno), dove passava un percorso non secondario, mentre presso la sorgente transitava un percorso che scollinava in zona “ad Collam Valamoni”, citato nel 1546).)
Il toponimo Baritella compare sui catasti vezzesi più antichi, a partire da quello del 1546, che vi registra 9 appezzamenti (i proprietari portano i cognomi Balistra, Buriacius, Pamperatus, Colorius, Careglius e Feniculus), in maggioranza boschi, mentre per l’adiacente località Varamone gli appezzamenti elencati sono 21.
Nel catasto successivo (del 1554) il toponimo Barittella è registrato una sola volta (proprietario un Pizutus), mentre gli altri appezzamenti in zona sono elencati come Varamone e consistono in complesso in boschi (in parte con castagni), una vigna e un alteno, ossia con le viti tenute non in filari ma alte su alberi (evidentemente nel versante meglio esposto di Varamone e alcuni prati (nel fondovalle).
In seguito le notizie diventano pressoché assenti, limitandosi tra il ‘600 e 1’800 a citare alcuni “boschi gerbidi con castagni”.
Baldassarre Molino
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